Lettura di Noemi Paolini Giachery

Tutto e ogni singola cosa. Già dal titolo è nata l’attesa di una lettura per me gratificante, e anche una istintiva simpatia. Ero rassicurata sul fatto che si trattava di una poesia nata dalla domanda esistenziale: la domanda senza risposta che, proprio per il suo levitare nell’aria senza approdo, quando non mancano vocazione e ispirazione, fa levitare la poesia, le trasmette una sospensione, una vibrazione che la staticità razionale esaurirebbe e chiuderebbe. Una sospensione che per il miracolo della poesia, che concilia gli opposti e accorda piani diversi del reale, non inquieta ma dà pace. La simpatia di cui parlo, a parte il significato etimologico generico della parola, significava anche quella solidarietà quasi ammiccante, un po’ ironica, in me suscitata dal tono apparentemente dimesso, domestico con cui il testo si annunciava. Tra le “cose” qui evocate sentivo che, accanto al senso filosofico di manifestazioni del molteplice contrapposto al Tutto con la maiuscola (l’Uno dei filosofi), avrebbero trovato spazio e valore anche gli oggetti più modesti ed effimeri dell’esperienza quotidiana. Ho chiamato in causa la filosofia astratta, che in questa poesia è opportunamente tenuta a bada, per tornare subito alla poesia, a un richiamo poetico e insieme filosofico. Perché a me non poteva non venire in mente subito il “mio” Ungaretti, sempre pronto a comparire nella mia memoria maniacale, per riferimenti e confronti, anche quando l’accostamento sembra improponibile per l’evidente diversità dei soggetti. In questo caso si è affacciato con quei versi di Sentimento del Tempo che sono per me una chiave per entrare nel cuore della sua intima vicenda : “Tra ciò che dura e ciò che passa / Signore, sogno fermo, / fa’ che torni a correre un patto” (ciò che dura, cioè il Tutto, qui con la maiuscola; ciò che passa, cioè le cose effimere, che siamo obbligati a pensare con la minuscola). E’ un momento in cui la risposta cristiana sembrava al poeta più vicina e pensabile dopo un momento di ascetismo estremo in cui era arrivato a rifiutare il molteplice, l’effimero, cose e pensieri, come vanità e illusione.
La nostra autrice, che vuole anche lei recuperare l’effimero, sa che per appagare la sua disposizione contemplativa ... Continua qui

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