Curci



Anna Maria Curci, Nei giorni per versi.
La misura è sempre precisa e sempre eccedente. Precisa per maestria, per scelta, per cura e accuratezza.  Eccedente per una sua intima, connaturata essenza, che la fa atto di creazione nel momento in cui lo sguardo, la voce, il gesto la poggiano sul mondo perché l’esistenza di questo abbia forma. La misura è un dialogo antico tra l’uomo e la percorribilità del mondo, tra l’uomo e l’avanzare dei giorni.
La misura poetica è lo sguardo e la voce che  ci accoglie in questa silloge di Anna Maria Curci (Nei giorni per versi, Arcipelago Itaca 2019, prefazione di Patrizia Sardisco): nello spaziotempo  di quartine di endecasillabi si aprono prospettive di una vita vissuta, senza risparmio  d’impegno, nel calibro dell’ironia.   
La quartina iniziale si apre in accenti di luce crepuscolare, un sipario in chiusura sulla resa all’impossibilità di risolvere il giorno se non tramite una scelta radicale. Dietro si indovina il mondo accolto nell’interiorità.
I
Come un accento a voce claudicante
balza e s’arresta il limite del giorno.
Taglieggia tra le sdrucciole e le piane
e tronca si riveste soluzione.
Ciò che sembrava la fine si volge in principio: si susseguono scene di una vita di ricerca e  affetti nei moti del cuore e dell’intelletto, una vita attiva che procede per coinvolgimento e riflessioni mai scontate.

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