Io per te sono vivo e di te sola
scapigliata poesia soltanto vivo.
Tu dai luce alla notte e con il fuoco
del tuo cerino accendi la mia fiamma.
Tu dai voce al silenzio e, se tacessi,
sento che griderebbero le pietre.
Sabino Caronia, La ferita del possibile, Iride 2016, p. 15
Dalla prefazione di Loretto Rafanelli
In La ferita del possibile c'è l'urgenza di tracciare un itinerario umano e affettivo che spinge il poeta a derogare da codici artefatti, se non addirittura a situarsi, con i dovuti "scarti", in una struttura classica del verso che con le sue delicate scale è l'unica capace di rappresentare uesta cavalcata poetica, che è intima, ma pure tiene un connotato ampio, che va al di là del gioco personale autoreferenziale, in questo canto senza nomi, dove la poesia non è mossa da contingenze, calcoli o storie minori, ma aperta al mare incessante dei sentimenti, in una emozione piena di appelli e invocazioni profone, come in questi versi: " Ma io cerco soltanto/ la forma di una mano,/ quella che tu mi hai teso/ la sera dell'addio."
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