Sul terrazzino assolato e stretto
Leggevo intenta versi di Gozzano
E intrecciavo il glicine odoroso
Della dimora cantata nei sonetti
A trilli e gorgheggi dispiegati
Tra gli aranci carichi di frutti,
I rampicanti e le mura antiche.
Nei versi e nei suoni volevo
La feritoia che azzurra il
paesaggio
E mi consola da rovinio e disprezzo
Dalla pretesa di un nuovo senza
cura
Affastellato di antenne,
Di acciaio anodizzato.
Che vento e seme scovino una crepa
-un interstizio-
E ricoprano l’opera meschina
Di passiflora pietosa a ricadervi
Da pietre millenarie in verdi
tralci
E di grappoli di glicine violetti
Inebrianti di gioiosa incuria
Ad avvinghiare l’impietoso scempio
Della Storia defraudata di strade
E umori antichi
Di voci nei cortili
E stanchezza dai campi
Del senso di sacro che attraversava
il giorno
Arrossando il declinare tra
riverberi di luce.
Vorrei sognare un romitaggio dolce,
Dolce m’inebria la verde vendetta.
Particolare di basamento in opera quadrata - Foto di Cristina Polli