Distrazioni. Recensione di Maurizio Rossi

Dalla prima all’ultima poesia della raccolta, l’Autrice invita ad un viaggio simbolico e reale insieme: l’inizio sta nella certezza delle ombre che rincasano, del rendez vous di suoni e segni, mentre il termine è nei coralli che s’inerpicano sulla nave affondata, graffi sulle ferite: un perdersi nella marea e negli abissi del verso.

Ciò che affermava Pessoa – Il poeta è un fingitore – qui sembra tradursi in “Il poeta è un distratto” e se non lo fosse, come potrebbe lasciare che ritorni al mare – il grembo originario della vita – il proprio verso? Distrazione è dunque non stare sulle nuvole, ma spostare continuamente lo sguardo dell’anima, insieme agli occhi, per non fissarsi – fermarsi – alla semplice apparenza, men che mai ad una pretesa realtà oggettiva.

Il tempo dell’attesa, Ritratti, Finestre, Conversazioni, Graffi: cinque “luoghi” poetici riconducibili all’IO poetico dell’Autrice, “Attraversato dal tempo/ come acqua che dilava/ che sposta massi e urta le sponde”; che oltrepassa la soglia della parola, del segno del gesto, per incontrare un “tu” mentre si supera “un margine interiore” per incontrare il “sé”. Accogliendo l’abbandono alla “distrazione” Cristina Polli accetta anche che qualcosa sfugga “anche oggi ho mancato l’ora/ la linea che al sorgere dell’astro/ nera distingue la periferia” qualcosa magari significativo, come il distinguere, o la certezza dei contrari che si precisano nel punto dove accade la lacerazione che li separa e insieme li unisce, come margini d’una stessa ferita.

Ma quando il “perdersi” dello sguardo distratto è attenzione docile quasi, per desiderio di capire, allora “il pensiero è sponda dello sguardo”; tanto che le immagini, scorrendo sulla retina, vengono ingoiate e assimilate e, divenute segno grafico sul foglio, traducono le emozioni in simboli che a loro volta...

La lettura contunua su Poeti del Parco

 

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