"La speranza non è la convinzione che qualcosa possa riuscire bene
ma la certezza che qualcosa abbia senso, indipendentemente dalla sua riuscita"
Vaclav Havel
LA TELA
Lavoro il filo
per la necessità di abitare il mio corpo
in un punto interior
da cui tessere un ordine preciso:
espressione organica
poema camminabile
trappola per chi non sa leggere
l'origine e l'orizzonte del segno.
Anna Maria Farabbi, La tela di Penelope, LietoColle, 2003
Stare nel presente come in un luogo privilegiato, scoprirne
le possibilità e le variazioni insite nel suo tempo e nel suo luogo. Il
presente è un incontro di ricordi e di speranze, in esso allacciamo i legami
con la narrazione del nostro esistere e ci riconosciamo delle qualità come
approdi a cui siamo giunti dopo una navigazione.
Siamo al tempo stesso attori e narratori. È nel presente che
siamo e agiamo: la nostra azione avrà
compimento nel futuro, ma è nel presente che la svolgiamo. Agiamo con la speranza che ciò che facciamo
abbia un significato che porti linfa alla nostra dignità . Esprimerci come
essere umani è la massima dignità della nostra narrazione.
Nella scena del presente fluisce uno sguardo sacro, sacro
perché vede le cose così come sono, nella loro realtà germinale, scevra dalle
proiezioni della debolezza umana. Ogni cosa in sé, per quanto piccola, è
grandiosa perché è un piccolo punto da cui si irradia lo sguardo sull’universo.
È nel presente che vediamo contemporaneamente la possibilità e l’essenza. La
metamorfosi delle nuvole, la linfa che scorre nelle nervature della foglia, la
polvere della strada sulle impronte delle ruote, parlano di incontri tra la
terra e il cielo: ogni cosa nel presente ha la sua luce e lascia i suoi
riverberi nello sguardo.
Neanche l’assenza si allontana dal convegno: è nelle
speranze che non abbiamo detto, nei ricordi su cui non ci soffermiamo, nelle parole
nascoste al pensiero, negli sguardi che non abbiamo agito, nelle linee che non
abbiamo seguito, nell’unione di ciò che siamo e che non siamo.
Nessuna figura mi
sembra esprimere il presente in modo più emblematico di Penelope e nessun
simbolo mi sembra più fecondo della sua tela. Penelope vive i suoi giorni nell’assenza di
Ulisse e nel desiderio di un compimento; ella ricorda e spera. La sposa di Ulisse non resta inattiva, ma
tesse possibilità: nella trama e nell’ordito della sua tela la regina di Itaca
intreccia la sua dignità e narra la sua storia. Ella tesse intorno a sé il suo
luogo privilegiato, il luogo della sua intangibilità, della realtà presente del
suo amore. Lo sguardo che posa su ciò
che la circonda inscrive in se stesso il ritorno di Ulisse.
Cristina Polli