Marion Poschmann, Le isole dei pini. Articolo di Anna Maria Curci

 Marion Poschmann, Le isole dei pini 

Traduzione di Dario Borso, Giunti/Bompiani 2019

 

È un tempio la natura ove pilastri vivi
qualche volta confuse parole fanno uscire
e foreste di simboli continuano a seguire
l’uomo che le attraversa con occhi comprensivi.

Charles Baudelaire, Corrispondenze
(traduzione di Francesca del Moro)

Perché inizio a scrivere del romanzo di un’autrice tedesca contemporanea con una delle quartine più celebri della storia della poesia, l’inizio di Correspondances, da Les fleurs du mal, testo del 1857 di un poeta francese? Molti motivi guidano e sorreggono la mia scelta, proverò a illustrarli man mano che nel breve viaggio verso Le isole dei pini, e attraverso luoghi, incontri e interconnessioni, esse si paleseranno.
Che di un romanzo si tratti non nutro alcun dubbio – anche se qualcuno, in terra teutonica, ha voluto ribellarsi all’accoglienza entusiastica di gran parte della critica all’indomani della pubblicazione, nel 2017, dell’opera di Marion Poschmann, affermando che l’autrice avrebbe potuto agevolmente affrontare il tema con una poesia –, ma come sovente succede alle opere letterarie felicemente complesse e caparbiamente non innocue, e come inevitabilmente, inoltre, capita a coloro che scrivono con penne di molteplici vocazioni, le aperture ad altri ambiti espressivi rendono più intricate le “foreste di simboli” nelle quali individuare vie, diramazioni e perfino quei “sentieri interrotti” (Holzwege) ai quali Heidegger dedicò un libro che aveva proprio quel titolo.
Che la poesia, e in particolare la poesia del maestro degli haiku Matsuo Bashō (1644-1694), costituisca, attraverso il filo conduttore del suo diario di viaggio, le cui tappe il protagonista, Gilbert Silvester, decide di ripercorrere, che la poesia, dunque, sia un nucleo tematico centrale, è evidente. Ma se ci limitassimo alla constatazione della presenza di un argomento, ci saremmo addentrati ben poco sia nel viaggio verso e attraverso Le isole dei pini, sia nelle “foreste di simboli” che quel viaggio animano.
È opportuno a questo punto soffermarsi sull’incipit, spia di una crisi, debutto sul palco personalmente allestito per ogni singolo lettore, di Gilbert Silvester (e già il cognome, che coincide con l’aggettivo latino per “silvestre” qualche indizio lo fornisce). È un debutto che presenta due elementi ben noti alla letteratura, e non solo a quella della modernità: la crisi dell’uomo “nel mezzo del cammino” – qui un ultraquarantenne libero docente universitario, attualmente alle prese con un progetto di ricerca dal nome piuttosto bizzarro e dalla consistenza sfuggente, Stili di barba e immagine di Dio – e il risveglio da “sogni inquieti”, per dirla con Franz Kafka al principio di La metamorfosi.
Che cosa succede a Gilbert Silvester? 

La lettura continua su https://poetarumsilva.com/2020/05/28/marion-poschmann-le-isole-dei-pini/

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