LIBECCIO
Il libeccio accavalla marosi
sulla spiaggia deserta
guardo la ringhiera scrostata
intrisa di amati inverni e di mani
aggrappate a trattenere distacchi
quando ancora non hai imparato
a lasciare andare,
a farti tutt’uno con l’erosione
che mischia sale e sabbia.
Su tutto un gabbiano spiega le ali
ed eleva il suo arco di volo
su una luce d’alchimia
ché il mare è metallo d’armatura.
***
TRASFORMAZIONI
Non lo vorrei dire,
ma attendo una trasformazione,
un capovolgimento dell’asse
-terrestre- mi dicono,
a me basterebbe riaffacciarmi
a riveder le stelle.
E la legge morale non mi basta:
la usano ormai per commerci di utopie.
***
VORREI NEBBIA
Vorrei nebbia
che dipana
un echeggiare di sirene
sgomente d’accaduto
nebbia d’abbandono
-la nave-
-il porto-
un mare nel ricordo
e un Jean Gabin che volge al disincanto
la piega dolceamara del ritorno.
***
SISIFO
Noi, Sisifo assorto in trasporti di pietre
meditiamo
dolore
e ritardiamo l’Incontro.
Spostiamo macerie
che franano sull’io
sulle membra consunte,
sull’anima dissolta. Assorta
fatica s’attiene
al rovinare del tempo,
al diroccare del senso.
Noi, Sisifo assorto
meditiamo
dolore
stanchezza che plasma il senso,
surrogato di pensiero,
barricata all’Incontro.
***
INESSENZIALE
Accosta la sedia al muro
sarà l’impianto del pensiero
a sorreggere il dolore.
Siedi senza interrogare
aruspici di linee,
resta nell’inessenziale,
nell’essenza del dono.
E il buio ti trova
nell’abbraccio sognato.
***
LA VOCE DEL POETA
Corteggia la mia malinconia
la voce del poeta
sillabando dipinge ombraluce
luoghi di ascolto e di memoria
di cui riconosco la polvere
che smorza i colori
baluginati nell’attimo
la strada inventata nel sogno.
Andare e restare nel vertice
nell’abisso del punto.
***
Post – it al Poeta
Eccomi, Cristina: come ti ho già detto altrove, tardiva la mia immersione nei tuoi versi. Ma ti trovo subito, sei qui che dici:
‘’Non ho voce
se non ascolti
e taci.’’*
Un canto, sì, la tua Poesia: affiora, buca nebbie, si posa col garbo resistente e pieno della consapevolezza, lascia che l’abbandono venga da sé, quasi come una confessione sussurrata voce al vento petto al mare. Ho letto in un unico fiato – come sempre, sai: l’immersione necessaria, corporea, nel respiro che muove la mano, il farmi uno nel, col basso continuo che lega quella mano coi testi: captarne l’odore, fiutarne il movimento, tracciarne andate tornandovi dentro -; ho sottolineato sparpagliando qui e là, come di solito faccio, segni e smorfie grafiche: innamorandomi, se si può dire, di un modo di scrivere, il tuo, che con l’arte sottilissima e avvertita di chi è in Poesia da lungo corso non tralascia nulla, non abbandona chi legge a un suo destino di esule tra i versi.
Qui per continuare a leggere l'articolo apparso sul sito "Un posto di vacanza"
Nessun commento:
Posta un commento