Toni idilliaci dissimulano una pulsazione incalzante. Così si
presenta la poesia di Cristina Polli, profondamente femminile per la
vitale essenzialità, la contemplativa drammaticità dei momenti più
intensi. Robert Schumann scrisse che la musica di Chopin somigliava a
“cannoni nascosti tra i fiori”. Potremmo dire lo stesso di questa
poesia, ma l’immagine dei cannoni si rivelerebbe fuorviante: qui la
forza non è mai muscolare, è forza senza afflato di potenza. Cristina ci
schiude una vita segreta, separata in apparenza dal “reale”, custodita
come una perla rara che può uscire solo così, timidamente, con forza.
Non è una poesia confessionale: è la mappa di una difficile geografia
interiore, di un mondo custodito e difeso e non esposto, un mondo che
non può vivere nel mondo esterno, anche se
sente e
vive
il mondo esterno. Ovunque un senso di assenza, di attesa, un’angoscia
trattenuta e immobilizzata in istanti-simbolo come nella pittura
metafisica. Tutto è rarefatto, le parole sono posa raccolta sul fondo,
piccole pause nel silenzio. La musica di questi versi non va cercata nel
suono, ma nei silenzi a cui il suono è sottratto. E’ l’autrice stessa a
dirci, al principio della raccolta, che la sua sensibilità consta di
“composti tormenti di passioni”.
“
Genero metafore di pietra,
roccaforti a spigolo vivo, oltre
strali di parole che trapassano
come lame taglienti i miei pensieri –
residui di avidità – prigionieri
di una cupa estranea accidia.”
Il sentimento si compone in figure archetipiche. Una delle quali è la lontananza:
...
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Tutto e ogni singola cosa