Filomena Compagno, Luci di poesia, Aletti 2021. Lettura di Cristina Polli.
Luci di poesia, edito da Aletti nel dicembre 2021 con la prefazione di Alessandro Quasimodo, è la prima silloge poetica di Filomena Compagno. Si compone di quattro sezioni- Sfumature d’amore, Parigi/ Paris, Città e Natura, Tragedie e Speranza- legate tra loro dall’attitudine dell’autrice all’osservazione partecipante e dal carattere autonomo del pensiero.
Luci di poesia si rivela, a una prima impressione, una lettura piacevole, un indugio in tinte che si fanno talora carezzevoli, talora appassionate, e arrivano ai toni più tragici senza mai perdere il gusto per la misura e senza che mai la coscienza poetica venga meno. Ma proprio come lo sguardo attento che si sofferma sulla pittura degli impressionisti lascia scorgere nella scomposizione dei colori contrasti, accostamenti e complementarità, anche qui, sollevato il velo di un dettato poetico accattivante, cioè un dettato poetico che cattura e trattiene chi voglia accingersi all’incontro con questa poesia, traspaiono rigore, sensibilità, lo studio devoto e umile nel senso più nobile del termine che la poetessa ha dedicato alla poesia cortese in qualità di linguista e di filologa e che troviamo qui riflesso nella consapevolezza con cui viene trattata la materia poetica.
Le qualità citate tracciano le coordinate di un credo poetico che si dispiega in tutto il corso dell’opera e che l’autrice professa a chiare lettere nei componimenti che racchiudono la silloge. Con La poesia è (pagina 12) ci accostiamo a una dichiarazione di poetica che procede intrecciando i concetti, ora per la via del contrasto, ora per quella della similarità, per creare una partitura composita scandita dall’uso degli spazi tra i versi, spazi che evocano il tempo dedicato alla riflessione, come dire che la Poesia accade, e qui scelgo volutamente la maiuscola, ma anche che va lasciata accadere:
La Poesia è uno schiaffo
La Poesia è una carezza
La Poesia è chiarezza
La Poesia è confusione
La Poesia è comunicazione
La Poesia è commozione
La Poesia è emozione
La Poesia è elevazione
La Poesia è l’alba
…
La teoria di metafore sbalza la poesia dall’aderenza alla pagina per darle forma ed essenza vitale, poesia che è infinito e luce, poesia che è salvezza e cura, ci dice la poetessa.
La poesia accade, quindi, e accade tramite il poeta, figura che possiamo definire come archetipo dell’attenzione, della capacità, cioè, di osservazione e cura, figura disposta al dono dello stupore e dell’estasi che, ricordiamo, è una forma di conoscenza, quella che, nella percezione più profonda del bello, fonde il soggetto con l’oggetto della conoscenza, quell’immersione totalizzante che è spesso cura delle piaghe dell’esistenza. Il poeta, la poetessa Filomena Compagno, è persona in perenne ascolto e in perenne ricerca, una persona illuminata da una costellazione di valori forti, fondanti e coinvolgenti che parlano all’intero nostro essere. Poesia e azione di Filomena Compagno ci chiamano a riconoscere dono e responsabilità e a volgere sempre lo sguardo verso le stelle.
La parola fondamentale di questa poesia è senz’altro eleganza, non solo perché il termine ricorre più volte nei testi, ma perché le parole, le scelte lessicali ed espressive, le figure retoriche e le forme poetiche sono il risultato di una raffinata capacità di scelta. Elegante è chi sa scegliere, perché ha maturato il proprio gusto, la propria idea del bello nella riflessione, nell’osservazione partecipe e nell’umiltà dello studio. Elegante è chi non invade e non deborda, non prevarica e non tiene a distanza. Elegante è chi possiede una levatura morale che traspare nel dire e nell’agire che è sempre gentile. Le poesie di Filomena Compagno sono sempre intellegibili, accolgono il lettore e gli permettono di sentirsi a suo agio, di abitare la forma poetica e il suo contenuto, di far proprio lo sguardo, di apprezzare la misura e il garbo come gesti d’accoglienza e terreno empatico del dialogo. Elegante è qui sinonimo di etico, come pure di ecologico e di ecologia non parla solo la sezione Città e Natura, ma è ecologica la visione di Filomena Compagno perché è una visione che coniuga scienza e coscienza ai valori fisici e spirituali dell’umanesimo.
La poesia di Filomena Compagno è tutta una dichiarazione d’amore, proviene da uno sguardo innamorato, è parola legame che allaccia l’uomo all’infinito delle stelle, che lo riconosce nell’Altro: Per leggere in te leggo in me/ per leggere in me leggo in te (a pagina 20).
L’amore romantico è coltivato in armonia con la bellezza della natura e delle sue manifestazioni. Prendiamo come esempio Se piove (p. 28) dove il topos, cioè il motivo ricorrente, della pioggia è associato al topos delle lacrime:
Se piove
lacrime di pioggia
scivolano su lisce foglie
e fiori odorosi.
Se piove
lacrime di pioggia
rigano delicatamente
le trasparenze dei vetri.
Se piove
lacrime di pioggia
piroettano su antichi tetti
di cotto logorato.
Se piove
lacrime di pioggia
purificano le nostre guance
con la promessa
di un rapporto
puro e vero.
La musicalità è evidente e il ritmo incantevole, ogni cosa detta è elevata a chiarità e luce attraverso la trasparenza iridescente delle gocce di pioggia che amplificano luce, odori, sfumature di colori, fino alla chiusa che stabilisce nella comunicazione profonda e autentica con l’Altro la comune tensione alla verità e alla purezza. La struttura poggia sull’anafora, cioè la ripresa dei versi iniziali, e sul parallelismo delle immagini che creano un punto di origine ed equilibrio nello sguardo dell’io poetico che personifica la pioggia ed estende il suo raggio d’azione in molteplici e armoniche manifestazioni fino a introiettare il sublime di cui la pioggia si fa manifestazione e voce.
Coinvolgente è anche l’andamento disteso e la struttura circolare di Quando arrivi (a pagina 25):
Quando arrivi
dopo un giorno lungo un anno
le tue mani diventano gabbiani in volo
le tue braccia sono forti come navi mai affondate
il tuo respiro cavalca le onde
l’orizzonte dei tuoi occhi si avvicina
la nebbia si dissolve…
e vedo il mare.
Le immagini sono tra loro in perfetto accordo e lo sguardo si spinge sempre più lontano con un procedimento scenografico che associa vicino e lontano, desiderio e sogno, fino a incontrare l’orizzonte. La chiusa ci dice che la metafora dell’incontro con il mare, cioè con l’infinito dell’Altro è ricreata costantemente nell’autenticità della relazione d’amore.
Il procedimento scenografico, direi cinematografico, contrassegna anche Luci della città (pagina 54). Le luci della città vengono dapprima associate alla luce della luna, appaiono lontane e sognanti per avvicinarsi sempre di più ed essere parte del quotidiano di ognuno di noi.
Amo le luci della città
quelle lontane
quando la luna si riflette sul mare
e nei nostri sogni.
Amo le luci della città
quelle vicine
di una finestra che si accende
di un’insegna lampeggiante
di un monumento incantato
di un lastricato illuminato.
E mentre fessure di luce
disegnano geometrie
in ogni stanza assopita
quante storie d’Amore
quante storie di Vita!!!
Qui l’immedesimazione con l’io poetico non ha filtri, ognuno di noi partecipa allo visione, posa lo sguardo sulle luci della città e percepisce il loro richiamo, anche, lasciatemelo dire, la fortuna di vivere in un posto ricco di fascino come è Terracina. I versi prorompono di vitalità e ci ricordano che il bello è intorno a noi, sta a noi saperlo cogliere. Questa poesia è, a mio parere, celebrazione, sì della vita, ma anche del dono che arriva al poeta, riconoscimento e riconoscenza per la sua attenzione.
Stiamo parlando di una poesia ispirata dall’immagine visiva e dalle capacità dello sguardo e non possiamo fare a meno di notare che lo sguardo non è solo catalizzatore della conoscenza estetica, ma anche analisi di ciò che avviene, esso concede al poeta la capacità di andare a fondo, di indagare l’attimo per arrivare al vero. Parigi… 13 novembre 2015 è una poesia d’impatto, di grande forza iconica, coinvolgente nel procedimento del fermo immagine. Leggiamo la prima parte (pagina 32:)
Suoni che diventano spari
sorrisi che si tramutano in grida
attimi che sembrano secoli
e il Paradiso che diventa l’inferno e il silenzio…
un silenzio che ha l’odore acre del sangue
e il profumo dei fiori recisi e dei ricordi.
Il riferimento spazio temporale di ogni verso si amplia nel verso successivo come per cerchi paralleli fino a richiamare ciò che va oltre, cioè i fondamenti della religione. Lo sguardo rivolto all’esterno si rivolge ora all’interno, si fa coscienza e conoscenza, appartenenza comune. Il silenzio che segue la tragedia cambia segno quando diventa il silenzio del ricordo e prosegue nel profumo dei fiori recisi il dialogo intrattenuto con chi ora non c’è più.
Una delle ultime poesie su cui vorrei soffermarmi è Percorsi che troviamo a pagina 67 nella sezione Tragedie e speranza. Il dettato poetico è asciutto e i versi procedono per metonime: “le pietre arse dal sole” e “le dune arroventate” stanno per le condizioni invivibili in cui versa una parte di umanità ritratta in un esodo che si protrae e che richiama altri esodi, già avvenuti o in corso. Le “orme fuggiasche” di chi attraversa il deserto e poi il mare approdano a un “futuro inerte”, se non trovano ancora prima la morte in questa dolorosa traversata. Cosa trovano a rendere loro giustizia, a riconoscere sofferenze e aspirazioni, se non le braccia della croce e la nostra coscienza che si interroga? L’amore è filosofia dell’esistenza, crea il legame con tutti gli esseri umani: lo sguardo innamorato, innamorato dell’umanità è qui lo sguardo capace di soffrire e di denunciare.
Per concludere questo mio breve intervento vorrei però tornare alla piacevolezza del tono romantico e lasciarvi con la lettura della poesia Esserci (a pagina 46).
Di notte
Lei era l’ombra di Lui
Lui era l’ombra di Lei.
Ancora oggi
dopo tanto tempo
da lontano
su quel ponte
si vedono due ombre
mano nella mano.
Il tema dell’amore eterno si svolge in un’ambientazione particolarmente feconda nella poesia romantica, quella della notte, e tutto s’intreccia al tema del doppio, motivo particolarmente caro alla letteratura romantica di lingua tedesca che non poteva non richiamarne per me un’altra: Stille ist die Nacht, Quieta è la notte, di Heinrich Heine, messa in musica da Schubert nel lied Der Doppelgänger, Il sosia. Nella poesia di Heine gli stessi temi assumono un tono di dolorosa e struggente ironia nella narrazione di un esito completamente diverso dell’amore eternamente devoto. Ve la leggo nella traduzione di Anna Maria Curci
Quieta è la notte
Quieta è la notte, riposano le vie,
In questa casa abitava il mio tesoro;
Da lungo tempo ella ha lasciato la città,
Eppur la casa sta allo stesso posto.
C’è pure una persona e fissa in alto,
E torce le mani, per violento dolore;
Io provo orrore, quando ne scorgo il volto -
È il mo sembiante che la luna mi mostra.
Tu sosia! Tu cereo compagno!
Che ti scimmiotti a fare il mio cruccio d’amore,
Che proprio qui mi ha causato tormento,
Più di una notte, in epoca lontana?
Vi lascio quindi ognuno di voi al piacere della sua personale lettura, al piacere di ritrovarsi nei versi e di riconoscere le proprie esperienze e le proprie letture, di creare la sua propria costellazione e di accendere le proprie stelle.
Cristina Polli
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