Non si sa come definirlo... più carnale o più
spirituale, questo piccolo/grande libro di Marco Onofrio. Un’anima immortale scivola come una stella cadente
giù dal cielo per incatenarsi sulla Terra al suo umano destino, attraverso
l’incontro amoroso di un trepido ovulo di donna con uno spermatozoo molto
sicuro di sé. Così vengono al mondo contemporaneamente non una, ma tre nuove
persone: un padre, una madre, una bambina adorata.
Non si era mai sentita tanta partecipazione di
uno scrittore maschio a un evento ritenuto di esclusiva competenza femminile:
la gravidanza, il parto, le varie fasi della crescita nella prima infanzia. E fa impressione la forza prorompente di questo
giovane affetto verso una creatura così piccola e indifesa come solo una
neonata può esserlo. Fino al punto che il lettore, sia pure con le lacrime agli
occhi, si domanda: riuscirà mai da grande la bella Valentina a emanciparsene? Perché
non sarà facile staccarsi da un primo amore che ti scrive:
Ti amo con devozione e
gratitudine perché mi hai scelto dall'aldilà - me, proprio me - fra miglioni di
uomini al mondo. Nessuna donna potrà mai amarmi come te. Nessuna donna potrò
mai amare come te.
Il diario di Marco tratta con naturalezza
argomenti delicatissimi, una materia difficile da maneggiare senza correre il
rischio di cadere nelle paludi di una retorica sdolcinata. Ma lo scrittore è
bravo a evitare la trappola mantenendosi su un piano concreto, nella grande
espressiva semplicità dello stile, arreso al lettore e alle sue aspettative…
fino a sfiorare le soglie del trascendente e una convinta intuizione del
Divino.
“La paternità come varco dell’invisibile” recita
la bella dedica che Marco mi ha fatto sul suo libro. Vorrei ora, per
ringraziarlo, dedicargli una mia piccola poesia, a dimostrazione di quanto gli
amici possano trovarsi in sintonia senza neppure conoscersi.
Avvento
Implosioni
d’anni luce
attraversando
Ho
superato mondi in discesa
Risucchiati indietro nella creazione
arretrando
fino a questa
dimensione
umana
.....................
.................... ....................
pur
essendo luce…
essendo pura luce.
Gli uomini del Rinascimento definivano la poesia
“facitura di cosa che prima non era”. In questo senso il “Diario” di Marco è
pura poesia, una cosa che prima di lui non c’era, una cosa nuova, originale.
Nella commovente lettera alla figlia bambina Marco ha trovato il coraggio di
aprire quel velo che spesso copre il cuore degli uomini (maschi) per offrirci,
con una sorta di santa impudicizia, le sue emozioni più segrete. Ed è questo
credo il prezioso tessuto da cui si riconosce la stoffa di un poeta.
Gianna Sarra