Ieri sono stata all’Istituto Giapponese di Cultura per la "Serata haiku". È stato un evento bello e
interessante in cui si respiravano sobrietà, disponibilità all’incontro tra
culture e la proverbiale gentilezza giapponese che, nell’occasione, si è
manifestata rispettosa ma senza fronzoli.
So molto poco della cultura e del modo di vivere dei
giapponesi, anche di quello che si portano dietro quando vivono da noi, sono
andata incuriosita dal tema: le haiku.
Anche delle haiku non so molto e per questo chi volesse
accedere ad informazioni introduttive può consultare wikipedia , chi, invece, non si accontenta potrà
dare uno sguardo al manifesto della poesia haiku in lingua italiana e magari da qui decidere di approfondire le sue
conoscenze, o magari intraprendere suo percorso personale in questa forma di
arte poetica.
Chi mi segue in questo blog avrà visto che capita anche a me
di scrivere haiku. In realtà non so se rispettino le regole di
questa forma poetica e se possano quindi essere considerati haiku a tutti gli
effetti, però è vero che mi capita di scrivere haiku: si verifica, cioè, il caso che concentrazione e
contemplazione si uniscano alla concretezza delle sensazioni e tutto si cristallizzi in tre versi che
purificano il presente e lo trasformano nel dono di un’ haiku. Le haiku
non hanno titolo, ma, tra quelle che ho scritto finora, una fa eccezione: "Presenza dell'angelo". Più di altre considero
questa haiku un dono passato per le mie mani.
Opera di Keinen Imao (1845-1923)
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