Di nuove stanchezze ho parlato in un breve scritto pubblicato sul blog di filosofi per caso al quale rimando chi volesse leggere per intero l'articolo. I paragrafi che pubblicherò in questo blog potranno essere occasione di ulteriori riflessioni.
Condanna e seduzione.
La condanna
del genere umano alla stanchezza è
narrata nei miti, che siano quello di Sisifo[1]
o quello della cacciata dall’Eden[2], ed essa viene generalmente percepita come
portato inevitabile del vivere. Nel corso dei secoli e dei millenni l’uomo si è riferito a questa esperienza
delineando, a seconda delle cause per cui viene esperita, confini che hanno
separato e separano i gruppi umani, e l’ha connotata di richiami emotivi e
significati psicologici, fino a sperimentarne la seduzione.
La stanchezza è un filtro che modifica le nostre esperienze: portata ai limiti della sostenibilità, nelle sue varie declinazioni, può avere le ripercussioni più diverse. Handke nel suo Saggio sulla stanchezza[3] ci fa partecipi di immagini che la ritraggono nelle sue varie funzioni: dal renderci monadi chiuse in sé, prigioniere in un orizzonte di routine in cui si svilisce ogni desiderio di cambiamento e di partecipazione alla vita in qualunque sua forma, fino all’abbandono del sé, per raggiungere l’unità con l’altro e con il mondo e l’epifania dell’epos del mondo.
Una stanchezza che inizia con una esclusione...
Jacopo Piccini; Sacchis Giovanni Antonio de detto Pordenone
Gustave Dorè - Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso Terrestre
Nicolas Chapron - Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso Eden
... e una condanna alla ripetizione
Guercino - Sisyphus
[1] Sisifo
viene punito da Zeus per aver osato sfidare gli dei con la sua sagacia. Egli
dovrà spingere un masso dalla base alla cima di un monte, ma, una volta
raggiunta la vetta, il masso rotolerà giù costringendolo a una eterna
ripetizione di questa vana e inane fatica.
[2] Adamo ed
Eva vengono cacciati dall’Eden per aver disobbedito a Dio: essi, sedotti dal
Demonio, hanno mangiato il frutto proibito che, a detta di costui, li avrebbe
resi simili a Dio consentendo loro di accedere alla conoscenza.
[3] Edizione
consultata: Peter Handke, Saggio sulla
stanchezza, Garzanti – Gli elefanti, 2000, traduzione di Emilio Picco,
postfazione di Rolando Zorzi.
A me sembra un ottimo lavoro, che contiene elementi di riflessione piuttosto interessanti e ben argomentati. Qualche piccolo neo solo in termini di impaginazione, comunque ampiamente compensato dalla qualità dei contenuti. Aspettiamo dunque la pubblicazione dei prossimi paragrafi per continuare la lettura...
RispondiEliminaQuesto connubio di stanchezza e seduzione anche se in maniera un pò arbitraria porta la mia mente alle riflessioni su Eros e Thanatos. Questo connubio sempre presente di dolore e seduzione, dolore che sia quello di una morte o di una invalicabile stanchezza mi porta a pensare alla fragilità dell'uomo ed al suo rifugio negli istinti terreni.
RispondiEliminaL'Eden non era il posto di Adamo ed Eva.. gli uomini e le donne hanno bisogno di altro!
Al giorno d'oggi la stanchezza è uno dei più grandi problemi. La velocità con cui il mondo cambia ci costringe a tenere continuamente il passo e quindi ad utilizzare la maggior parte delle energie non per riflettere ma per rincorrere!..
L'unica salvezza sono gli istanti. Istanti in cui puoi prenderti cura di te e smettere di correre e affaticarti per qualche secondo. Ma non tutti ci rendiamo conto di questa grandezza perchè ritenamo che il tempo sia un flusso continuo, mentre io credo fortemente che sia una funzione discreta con salti temporali discontinui!...
Beh, grazie per questo grande spunto di riflessione!.. un abbraccio =)
Per quanto riguarda le questioni tecniche ho ancora molto da imparare e spero di migliorare con la pratica e qualche buon consiglio. Per il resto ringrazio con l'impegno di chi si propone di dedicarsi ad una passione con umiltà e attenzione alle altre voci.
RispondiEliminaRispondo qui al blogger di TheMangoBlack, tanto per dire che non ho ancora molta dimestichezza con le questioni tecniche.
RispondiEliminaDavide Mangani Rizzo offre ulteriori spunti di riflessione individuando nella concezione e nell'uso del tempo una delle chiavi della stanchezza dell'uomo moderno, dell'uomo ormai distaccato dal divino. A quest'uomo, che vede il tempo come sequenza di attimi senza altra soluzione che quella della morte, attimi determinati e determinanti e soprattutto costrittivi, manca il respiro del tempo a cui lo richiama l'angelo... sto pensando ad una famosa scena di "Il cielo sopra Berlino" che posterò a breve... Del resto l'accenno al tempo come funzione discreta che fa Davide nella sua riflessione, non può non suggerire l'estasi, lo stare fuori dal tempo, uscire dal meccanismo della ripetizione e ritornare al luogo da cui si era esclusi, il luogo di beatitudine... Il riferimento a Eros e Thanatos è, in effetti, tutt'altro che arbitrario: Eros e Thanatos sono l'incontro fondamentale...